Pubblichiamo qui l’intervento del M° Kenji TOKITSU
alla conferenza di Genova del 21-04-2018
NB: Empirismo significa, nel linguaggio filosofico, «qualsiasi dottrina che ritenga l’esperienza unico fondamento del conoscere dal punto di vista oggettivo».
In questa sede vogliamo riflettere sul tema proposto partendo da un esempio concreto: il judo, che è la disciplina sportiva più diffusa, in quanto arte marziale, della nostra epoca. Ritengo quindi che quando pensiamo alle arti marziali contemporanee l’esempio del judo sia imprescindibile. Inoltre, la formazione del judo ci mostra un esempio di empirismo sublime.
Fonte principale di questa relazione è l’opera intitolata «Jigorô Kanô», scritta da Niheï Katô (ricercatore sulla vita di J. Kanô e le sue opere, nonché suo antico allievo), ed. Shô-yû Shoten, Tokyo 1964.
Come è perfettamente noto, il judo è fondato proprio da Jigorô Kanô (1860-1938).
Rifletteremo sull’empirismo nel processo di apprendimento del judo con l’esempio di Jigorô Kanô dando un rapido sguardo alla sua formazione.
J. Kanô nasce nel 1860 nella città di Settsu (l’attuale Kôbe) in una famiglia di ricchi commercianti. Durante la sua infanzia, è gracile e le sue scarse capacità fisiche gli provocano dei complessi.
Nel 1877, a 17 anni, frequenta la scuola di preparazione per l’ammissione all’università. Un giorno, subisce delle prepotenze da uno dei suoi compagni. Senza essere in grado di reagire, riceve dei colpi che feriscono profondamente il suo orgoglio.
È allora che sente parlare di jûjutsu, un’arte marziale che permette di vincere una persona più forte di noi. Comincia a cercare un maestro di questa arte. Trova il Maestro Fukuda Hachinosuké della scuola Tenshin-Shinyô-ryû e diventa suo allievo. Dobbiamo sottolineare che è grazie a questa esperienza che nasce in J. Kanô la passione di studiare il jûjutsu. È l’innesco della sua ricerca. Più tardi, J. Kanô dirà: «non posso dimenticare la gioia che ho provato nell’aver potuto trovare un maestro. Era un’epoca di disordini sociali a causa del cambio di regime. Nessuno conosceva il nome di “jûjutsu”. A quell’epoca, si diceva “yawara”».
Così J. Kanô comincia a studiare il jûjutsu della scuola Tenshin-shin-yô-ryû sotto la direzione del Maestro Fukuda.
Due anni dopo, nel 1877, il Maestro Fukuda muore et lui diviene quindi allievo di Iso Masatomo della stessa scuola.
– Un po’ più tardi, nel 1881, anche il Maestro Iso muore. Presentato da uno dei colleghi di Iso, J. Kanô diventa l’allievo del Maestro Iikubo della scuola Kitô-ryû.
J. Kanô studia così il jûjutsu di due scuole diverse.
«Studiando il jûjutsu di Kitô-ryû, si stupì nel constatare le differenze che esistevano tra la scuola Tenshin-shin-yô-ryû e la scuola Kitô-ryû. Perché nella prima aveva appreso delle tecniche di strangolamento, delle chiavi e di immobilizzazione. Aveva appreso anche delle tecniche di proiezione, ma i dettagli tecnici erano molto differenti. Nonostante avesse già più di cinquant’anni, il Maestro Iikubo era efficiente in randori, il che ha spinto J. Kanô a proseguire su questa strada. Attraverso questi allenamenti di jûjutsu, ha constatato un netto miglioramento della propria condizione fisica.
Nel 1882, a 22 anni, J. Kanô apre la sua scuola privata Kôdô-kan Kanô-juku nel tempio Buddista Eïshô-ji. Poco tempo dopo, fonda il primo dôjô Kôdô-kan con 12 tatami.
Nel 1885, il commissario di polizia organizza dei combattimenti tra le scuole di jûjutsu e quelle di jûdô. Il jûdô conquista la vittoria. J. Kanô ha 25 anni.
Nel giugno 1886, in occasione dei tornei della prefettura di polizia, S. Yokoyama, allievo di J. Kanô, conquista la vittoria nel combattimento contro il maestro di jûjutsu Nakamura Hansuke.
Verso il 1885, quando J. Kanô fa esercizio di randori con il Maestro Iikubo, riesce più volte a proiettare il suo maestro. È sorpreso dal proprio cambiamento perché lui stesso non è stato proiettato una sola volta, mentre il Maestro Iikubo è un grande esperto nelle tecniche di proiezione. Anche il maestro deve pensare che è strano. Ma questo è il risultato di un’elaborazione tecnica di J. Kanô. Infatti, lui si concentra per far sbilanciare l’avversario prima di cercare di proiettarlo. Più tardi, insegna al Kôdôkan le otto tecniche di kuzushi (creare la posizione in stato di sbilanciamento). Si tratta del risultato di questo lavoro.
Quando lo spiega al Maestro Iikubo, questo risponde: «Avete totalmente ragione. D’ora innanzi, non ho più nulla da insegnarvi. Fate gli esercizi di randori con coloro che hanno delle qualità. Io non ho più nulla da insegnarvi in questo campo». Il Maestro Iikubo ha quindi smesso di fare randori con J. Kanô.
Nonostante ciò, lui non ha smesso di ricevere da parte sua lezioni sui kata e altri insegnamenti orali.
Parlando di questa esperienza con il Maestro Iikubo durante il suo insegnamento, J. Kanô ha spiegato così la particolarità del suo jûdô “Kôdô-kan”»: «Numerosi maestri di jûjutsu definiscono attualmente il jûdô di Kôdôkan nel modo seguente: “Il Kôdôkan jûdô eccelle nelle tecniche che utilizzano le gambe e le anche. Questo dipende dal fatto che noi ci esercitiamo abilmente a fare perdere l’equilibrio all’avversario, quello che viene chiamato “kuzushi”».
A quest’epoca, J. Kanô si esercita in randori con i suoi allievi ogni giorno, senza saltare un solo giorno di allenamento. Comincia i suoi esercizi alle tre o quattro del pomeriggio, senza fermarsi fino a mezzanotte. J. Kanô si allena contro molteplici allievi fino a che nessuno può più muoversi.
Quando durante la notte scopre talvolta una nuova tecnica, sveglia i suoi allievi per potersi esercitare.
Nel 1888, quando J. Kanô ha 29 anni, Me. Iikubo muore.
J. Kanô dice, intorno al 1930:
– Il jûdô che io concepisco non è una semplice arte marziale. È una grande via. Poiché si tratta di una via, si applica a ogni cosa. Sulla base del suo modo di applicazione, potete scegliere una specialità.
– La particolarità del jûdô è che non è né un’arte marziale né uno sport, bensì un cammino universale.
– È impossibile far entrare il jûdô nella categoria delle arti marziali o dello sport.
Così, una volta assimilato il jûjutsu, avendo il Kôdô-kan jûdô conquistato l’egemonia delle arti marziali giapponesi, l’ideologia de J. Kanô s’impone nel campo delle arti marziali giapponesi. Intorno al 1890, ogni domenica alle sei del mattino J.Kanô tiene un discorso per tutti coloro che fanno parte del Kôdô-kan. Ecco le linee principali di tale discorso:
Si deve perseverare nel proprio lavoro e nei propri studi, stabilendo gli obiettivi della propria vita.
Siate fermamente risoluti nel compimento della grande opera della vostra vita, senza preoccuparvi delle derisioni.
Perseverate negli studi pensando che la vostra forza contribuirà alla costruzione del paese.
Pensate alla posizione del Giappone nelle società internazionali e diventate un pilastro della nazione.
J. Kanô dice inoltre: «Se vogliamo studiare il modo di sviluppare la saggezza degli uomini, penso che il principio del jûdô sia il più propizio per giungere a tale obiettivo».
Il contenuto dell’insegnamento del jûdô di J. Kanô differisce nettamente da quello del jûjutsu classico. Ecco perché ha chiamato il centro del suo insegnamento di jûdô “Kô-dô- kan”, che significa edificio dove si insegna la via. Perché per lui l’essenziale è la via di cui la tecnica non è che l’applicazione e il jûdô non è soltanto un’arte marziale bensì un’arte di vita. È così che l’appellativo delle arti marziali giapponesi, che impiega il suffisso «dô», si rifà al jûdô grazie all’idea di J. Kanô, come kendô, kyûdô, aîki-dô, karaté-dô…
Così, se vogliamo studiare il concetto di budô, non possiamo prescindere dal pensiero e dall’opera di J. Kanô, che è un magnifico esempio di empirismo.
Vorrei concludere la mia relazione con questa riflessione.
Sebbene abbiamo molto da apprendere sulla pratica empirica di J. Kanô, non bisogna dimenticare che non viviamo nella stessa epoca. Affinché possiamo beneficiare dei frutti di tale pratica, non è sufficiente che tentiamo di camminare su un cammino simile procedendo nello stesso modo. Dobbiamo innanzitutto comprendere la qualità dei frutti che riceviamo dai nostri predecessori perché possiamo davvero goderne. Che cosa dobbiamo fare?
Penso innanzitutto che si debba analizzare il contenuto logico di questo lavoro per comprenderlo, al fine di trovare il filo conduttore di questa pratica.
Certo, J. Kanô aveva molto talento, forza e volontà. Noi non potremmo eguagliarlo riproducendo la stessa cosa allo stesso modo, poiché non viviamo nello stesso periodo. Abbiamo bisogno di aggiornare nuovi lavori logici e teorici, al fine di trovare il nostro proprio cammino nel nostro mondo attuale…
Tuttavia, tengo ad aggiungere che ciò che fu all’origine della decisione di J. Kanô di intraprendere un metodo che gli permettesse di confrontarsi con persone che gli apparivano più forti di lui a causa della propria condizione fisica gracile, fu in seguito svilito dall’introduzione delle categorie di peso che sembra essere in totale contraddizione con l’idea iniziale di J. Kanô. Come potremmo dunque superare questa totale contraddizione? La questione resta aperta…